Hubble risolve un altro mistero, rivelando …

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Hubble risolve un altro mistero, rivelando lo scudo protettivo che difende le Nubi di Magellano

I ricercatori hanno mappato per la prima volta la Corona di Magellano, un alone di gas diffuso che protegge le due galassie satellite della Via Lattea, a partire dai dati di Hubble e FUSE.
Con l’aiuto di Hubble e di un satellite ora in pensione, il Far Ultraviolet Spectroscopic Explorer (FUSE), un team di astronomi è riuscito a risolvere uno dei grandi misteri dietro le Nubi di Magellano, le galassie satelliti della Via Lattea. Da miliardi di anni infatti, sono in orbita l’una attorno all’altra e attratte gravitazionalmente dalla nostra Galassia e si stanno lacerando lasciando dietro di loro una scia di gas e detriti. Eppure, con grande perplessità di tutta la comunità astronomica, le Nubi di Magellano hanno mantenuto intatta la loro prolifica attività di formazione stellare.
Con i dati di Hubble e FUSE, i ricercatori hanno finalmente compreso cosa, o meglio chi è il responsabile: il sistema magellanico è circondato da una corona, uno scudo protettivo di gas caldo che avvolge le due galassie. Essa, denominata Corona di Magellano, impedisce che le loro riserve di gas vengano divorate dalla Via Lattea, permettendo alle Nubi di Magellano di continuare a far nascere nuove stelle.
Studiare i quasar per comprendere le Nubi di Magellano
Alla ricerca di prove dirette della Corona di Magellano, il team ha setacciato gli archivi Hubble e FUSE alla ricerca di osservazioni ultraviolette di quasar situati miliardi di anni luce dietro di essa. Perché proprio i quasar? Perché essi, nuclei di galassie che ospitano enormi buchi neri attivi, sono estremamente luminosi. Il team ha quindi ritenuto che, poiché la corona era troppo debole per essere vista direttamente, poteva esser resa visibile come una sorta di nebbia che oscura e assorbe parte della luce di quasar lontani.

Rappresentazione artistica della corona di Andromeda. Se il suo alone gassoso potesse essere visto a occhio nudo, sarebbe largo circa tre volte l’Orsa Maggiore, di sicuro l’elemento più grande del cielo notturno. Credits: NASA, ESA, J. DePasquale e E. Wheatley (STScI) e Z. Levay

 

Analizzando i modelli alla luce ultravioletta di 28 quasar, il team è stato in grado di rilevare e caratterizzare il materiale che circonda la Grande Nube di Magellano e confermare l’esistenza della corona. Infatti, quando la luce del quasar passa attraverso la corona, alcune lunghezze d’onda della luce ultravioletta vengono assorbite. Gli spettri dei quasar rimangono quindi segnati dalle firme distinte di carbonio, ossigeno e silicio, che costituiscono il gas della corona. Dhanesh Krishnarao, assistant professor al Colorado College e autore principale dello studio, ha affermato:
La capacità di rilevare la corona richiedeva spettri ultravioletti estremamente dettagliati. La risoluzione di Hubble e FUSE è stata fondamentale per questo studio: il gas della corona è così diffuso che a malapena si trova lì. Inoltre è miscelato con altri gas, compresi i flussi estratti dalle Nubi di Magellano e materiale originario della Via Lattea.
Mappando i risultati, il team ha anche scoperto che la quantità di gas diminuisce con la distanza dal centro della Grande Nube di Magellano. “È una firma rivelatrice perfetta che questa corona sia lì” ha detto Krishnarao. “Sta davvero avvolgendo la galassia e proteggendola.”
Il velo di gas che protegge le galassie
Come può un velo di gas così sottile proteggere una galassia dalla distruzione? Lo fa poiché tutto ciò che tenta di avvicinarsi alla (o allontanarsi dalla) galassia deve prima passare attraverso questo materiale, che ne assorbe una parte nell’impatto. Ecco perché viene detto scudo protettivo. I ricercatori ritengono che la corona agisca come una sorta di “cuscinetto”, proteggendo il gas utile alla formazione stellare delle galassie nane dall’attrazione gravitazionale della Via Lattea, molto più grande
Questo alone diffuso di gas caldo che circonda la Piccola e la Grande Nube di Magellano, mappato per la prima volta e nella sua interezza, si estende per oltre 100.000 anni luce dalla massa principale di stelle, gas e polvere che compongono le Nubi di Magellano, mescolandosi con la corona più calda ed estesa che circonda la Via Lattea.
Il comportamento è molto simile a quello della corona che circonda la galassia di Andromeda, anch’esso mappato in passato a partire dalla luce di quasar lontani. L’immenso alone è costituito da un gas molto rarefatto e ionizzato che non emette radiazioni facilmente rilevabili. Pertanto, tracciare l’assorbimento della luce proveniente da una sorgente sullo sfondo come i quasar è il modo migliore per sondare questo materiale. Lo studio era stato eseguito sempre a partire dall’archivio di Hubble.
Le implicazioni sull’evoluzione galattica
L’esistenza di una corona attorno alle Nubi di Magellano era già stata predetta diversi anni fa, ma mai osservata finora. Infatti, sebbene si estenda per più di 100.000 anni luce dalle due galassie nane e copra un’enorme porzione del cielo meridionale, è effettivamente invisibile. La mappatura completa presentata in questa ricerca dagli scienziati ha richiesto l’analisi di 30 anni di dati archiviati per poter fornire misurazioni adeguate.
Questa scoperta affronta un nuovo aspetto dell’evoluzione delle galassie: esse sono avvolte in bozzoli gassosi, che fungono da scudi difensivi contro altre galassie dei dintorni. I ricercatori pensano che questi bozzoli, o corone, siano il residuo della nuvola primordiale di gas che crolla per formare la galassia. Sebbene le corone siano state viste intorno a galassie nane più lontane, gli astronomi non erano mai stati in grado di sondarne una così dettagliatamente come questa. E poiché sono molto vicine, le Nubi di Magellano offrono un’opportunità ideale per studiare come interagiscono ed evolvono le galassie nane.
Lo studio, pubblicato sulla rivista Nature, è disponibile qui.
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by Mariasole Maglione
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