Inattesa curva demografica per 69 galassie
Uno studio sulle popolazioni stellari di galassie molto antiche prese in esame durante la survey Califa sorprende gli astronomi: l’andamento delle età delle stelle non è uniforme dal centro verso l’esterno delle galassie, come invece ci si aspettava. Ne parliamo con Stefano Zibetti dell’Inaf di Arcetri, primo autore dell’articolo pubblicato su Mnras
Quando parliamo di galassie antiche non scherziamo: le galassie ellittiche e lenticolari – le più anziane dell’universo – sono formate perlopiù da stelle nate quando l’universo aveva meno di un terzo della sua età attuale: oltre otto miliardi di anni fa. A differenza delle galassie a spirale, in cui continuano tutt’ora a formarsi stelle, nelle galassie ellittiche e lenticolari mancano quasi completamente le stelle giovani. Per questo motivo, analizzare le popolazioni stellari in queste galassie è un po’ come compiere uno scavo archeologico, per ricostruire come e quando si sono formate. Per riuscirci è necessario disporre di tecniche avanzate per caratterizzare e datare i “reperti archeologici”, ovvero gli spettri delle popolazioni stellari, cercando di collegare la posizione in cui si trovano nelle galassie con i vari indizi in un quadro evolutivo complessivo.
Nel contesto della survey Califa, dopo oltre dieci anni di studio sono stati raggiunti risultati particolarmente originali per quanto riguarda i profili di età stellare, appena pubblicati sulla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society. Primo autore dello studio è Stefano Zibetti, astronomo originario di Gallarate (in provincia di Varese) che si occupa di fisica delle galassie e della loro evoluzione fin dalla tesi di laurea. Dopo quasi un decennio di ricerca in Germania, Zibetti è approdato all’Inaf di Arcetri, dove continua a studiare le popolazioni stellari, sia su oggetti vicini, sia in survey su distanze cosmologiche.
Partiamo da questa survey, Califa: che cos’è?
«Califa sta per “Calar Alto Legacy Integral Field Area” survey: un ambizioso programma osservativo internazionale, primo nel suo genere, in cui sono state osservate ben 667 galassie “vicine” con la tecnica della integral field spectroscopy, mediante lo strumento Pmas-Ppak al telescopio di 3.5m all’osservatorio ispano-tedesco di Calar Alto, in Spagna. Le osservazioni sono durate circa cinque anni. Benché la release definitiva dei dati sia del 2016 e oltre un centinaio di lavori siano già stati pubblicati utilizzando questi dati, Califa rimane ancora una ricchissima miniera per nuove scoperte».
Come si è svolto il vostro studio?
«Tra le numerose galassie osservate nell’ambito della survey Califa, ne sono state selezionate 69, e da queste abbiamo ottenuto spettri per ogni posizione all’interno della galassia con una risoluzione di circa mille anni luce. Attraverso una complessa modellizzazione degli spettri, che abbiamo sviluppato in anni di ricerca, abbiamo caratterizzato ogni posizione in termini di composizione chimica ed età media delle stelle, nonché della loro densità».
E cosa avete concluso?
«In accordo con lavori precedenti, abbiamo mostrato che la frazione di elementi “pesanti” – più pesanti dell’elio, i cosiddetti “metalli” – decresce in modo sostanziale dal centro verso le parti periferiche di queste galassie, per poi stabilizzarsi nelle regioni più esterne. Più nello specifico, abbiamo mostrato per la prima volta che le abbondanze di metalli sembrano rispondere in modo quasi esclusivo alla densità locale di stelle, con una bassa dipendenza alle caratteristiche “globali” della galassia. Ciò suggerisce che l’arricchimento chimico sia principalmente frutto di processi locali. Questo andamento è in buon accordo con i modelli che prevedono che la maggior parte delle stelle nelle regioni centrali di queste galassie si formino in epoche primordiali dal rapido collasso di nubi di gas sotto l’effetto della gravità propria e della materia oscura».
Qual è la principale novità emersa dal vostro studio?
«La vera sorpresa è stata la scoperta che l’età delle stelle non segue un andamento uniforme in funzione della distanza dal centro. L’età media più vecchia si riscontra nelle regioni più periferiche e diminuisce via via verso distanze intermedie, per poi ricominciare ad aumentare verso il centro nelle galassie con maggiore gravità».
Come si può interpretare questo fenomeno?
«Riteniamo che le regioni interne di queste galassie siano costituite da stelle formate in situ, in un processo che si arresta progressivamente in tempi successivi andando verso il centro come previsto nel caso di collasso gravitazionale del gas. Nelle galassie a gravità maggiore è possibile che altri meccanismi (ad esempio la crescita di un buco nero supermassiccio) inibiscano simultaneamente la formazione di stelle anche nelle regioni centrali, dando così origine all’inversione di età che osserviamo. Alternativamente, è possibile che parte del gas venga accresciuto e convertito in stelle nelle regioni intermedie in epoche successive, dando luogo al minimo di età osservato. Le regioni più esterne di queste galassie sarebbero invece dominate da stelle strappate da piccole galassie satelliti in epoche remote, da cui conseguirebbe la loro età avanzata e il basso grado di arricchimento chimico».
Quali saranno le prossime ricerche in questo campo?
«Sebbene risposte definitive non siano ancora disponibili, il campo di ricerca è aperto per studi teorici e simulazioni che siano in grado di spiegare la fisica della fenomenologia che abbiamo presentato in questo lavoro».
di: Rossella Spiga
Fonte: