Acqua in un mondo incandescente? …

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Acqua in un mondo incandescente? Un inatteso sistema planetario scoperto a Padova

La scoperta è stata fatta dal team di ricerca dell’Università di Padova guidato dal prof Giampaolo Piotto che, nell’articolo “An unusually low density ultra-short period super-Earth and three mini-Neptunes around the old star TOI-561” pubblicato in questi giorni sulla prestigiosa rivista «Monthly Notices of the Royal Astronomical Society» (MNRAS), evidenzia come l’esopianeta TOI-561 b sia particolarmente “leggero” per la possibile presenza di acqua sotto forma di ghiaccio.


Diversità è l’aggettivo che meglio riassume quanto abbiamo imparato finora sui pianeti extrasolari: gli esopianeti e i sistemi esoplanetari sono molto diversi tra loro e molto diversi da quanto osserviamo nel Sistema Solare. La recente scoperta sugli esopianeti del gruppo di ricerca del Dipartimento di Fisica e Astronomia (DFA) dell’Università di Padova non potrebbe meglio riassumere questo fatto: un sistema planetario con quattro esopianeti, uno di massa e raggio un po’ più grandi di quelli della Terra, ma con un’orbita che lo porta a fare un giro completo attorno alla propria stella in soli 0.44 giorni, ed altri tre con masse e raggi più piccoli di quelli di Nettuno, con il più esterno che ha comunque un’orbita interna a quella di Mercurio.
Il pianeta più interno orbita così vicino alla sua stella che è inondato da un flusso di energia pari a più di 5000 volte quello che la Terra riceve dal Sole. Ci aspetteremmo quindi un mondo incandescente, completamente ricoperto da roccia liquida, con piogge di metallo e atmosfera quasi assente perché in gran parte evaporata: a rendere la scoperta del gruppo padovano ancora più straordinaria e affascinante è invece che TOI-561 b (questo il nome del pianeta) è più “leggero” del previsto e potrebbe contenere al suo interno una non trascurabile quantità di acqua sotto forma di ghiaccio ad alta pressione. Allo stesso modo, strati di quest’acqua “ghiacciata” sono verosimilmente attesi anche all’interno dei tre rimanenti pianeti, in base ai risultati del lavoro.
TOI-561 è una stella di massa poco più piccola del Sole, ma molto vecchia (circa 10 miliardi di anni, il doppio del Sole), nata quindi non molto dopo la formazione dell’Universo. È stata osservata per 27 giorni consecutivi nel febbraio 2019 dal satellite TESS, lanciato dalla NASA nel 2018 per cercare quelle piccole variazioni di luminosità delle stelle (chiamate transiti dagli astronomi), che un pianeta provoca quando passa di fronte alla stella attorno a cui orbita, ovvero appunto quando transita.
In aggiunta al gran numero di transiti dovuti al pianeta con periodo di 0.44 giorni, TESS ha osservato altri quattro transiti di fronte a TOI-561, inizialmente attribuiti a due candidati pianeti, ognuno dei quali transitante due volte.
«Il sistema di esopianeti attorno a TOI-561 attirò subito la nostra attenzione, per la sua particolarità – commenta Gaia Lacedelli, dottoranda al DFA e primo autore dell’articolo -. Stavamo cercando di confermare la presenza dei pianeti con lo spettrografo HARPS-N del Telescopio Nazionale Galileo quando abbiamo capito che qualcosa non tornava».
Un transito infatti non fa un esopianeta: ci sono molte cose che possono generare osservazioni simili ad un transito, senza che ci sia alcun esopianeta. L’unico modo per essere sicuri della presenza di un pianeta è quello di misurare la sua massa, osservando la piccola variazione del movimento della stella causato dal pianeta che le orbita attorno, tramite una tecnica chiamata “velocità radiale”. HARPS-N è uno dei migliori strumenti al mondo per ottenere tali misure.
«Cercavamo i tre esopianeti proposti da TESS, ma non riuscivamo proprio ad individuare uno di essi. Anzi, HARPS-N suggeriva che ci fossero addirittura quattro pianeti, ma due di essi non erano tra quelli che aveva individuato TESS» continua Gaia Lacedelli.
Ci sono volute ben 82 misure di velocità radiale di TOI-561 per capire che il sistema era ben più complesso e affascinante di quanto si pensasse all’inizio del lavoro.
«Alla fine abbiamo realizzato che i transiti visti da TESS erano dovuti a quattro esopianeti distinti – spiega Luca Malavolta, ricercatore del DFA e membro del team -. Mettendo assieme le osservazioni di TESS e di HARPS-N siamo riusciti a misurare sia il raggio che la massa di tutti i pianeti presenti nel sistema. Grazie a queste misure abbiamo quindi potuto derivare la loro densità media e formulare varie ipotesi sulla loro struttura e composizione.»
Sono noti al momento 88 sistemi esoplanetari che ospitano almeno quattro pianeti, ma sono pochissimi quelli per cui si è potuto misurare la massa e il raggio dei singoli componenti. Tra di essi poi, solamente una manciata includono un pianeta con periodo inferiore ad un giorno ed è questo che rende il lavoro eccezionale e particolarmente importante. «Anche perché il pianeta più interno, secondo i nostri modelli, in pratica non dovrebbe nemmeno esistere! Presumibilmente, esso si è formato molto più lontano dalla stella ed è successivamente migrato all’interno, fino a collocarsi dove si trova attualmente» afferma Gaia Lacedelli.
«Questo lavoro è il risultato di 15 anni di investimenti finanziari e umani e di sviluppo di competenze che ci hanno portato al massimo livello internazionale in questo nuovo settore di ricerca, che ha enormi prospettive – dichiara il Prof. Giampaolo Piotto, responsabile del gruppo di ricerca sugli esopianeti del DFA -. Ora stiamo programmando le osservazioni di TOI-561 con CHEOPS e ci aspettiamo che le sorprese su questo sistema non siano finite, inclusa la possibile scoperta di ulteriori esopianeti orbitanti questa stella.»
CHEOPS è il satellite dell’ESA lanciato a fine 2019 proprio per la caratterizzazione degli esopianeti e grazie all’altissima precisione delle sue misure aiuterà, tra i suoi numerosi altri obiettivi, anche a migliorare la comprensione degli affascinanti pianeti che orbitano TOI-561.
Fonte: Università di Padova
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