Onde e sismi sulle stelle supergiganti blu
La superficie di queste stelle è increspata da onde di gravità, simili a quelle del mare, e da onde sismiche. Questo scenario, già previsto dai modelli teorici, è stato confermato per la prima volta grazie all’analisi dei dati registrati dalle missioni spaziali TESS e K2 della NASA.
Quella delle stelle supergiganti blu è una vita all’estremo. Sono gli astri più brillanti e caldi dell’universo, poiché raggiungono temperature tra 20.000 e 50.000 kelvin. Sono anche stelle enormi e massicce: hanno raggi superiori a 25 volte il raggio del Sole e masse tra 10 e 50 masse solari. Però sono anche stelle che vivono per un tempo brevissimo, quindi sono tra le più sfuggenti da osservare.
Ora, usando i dati registrati dai telescopi spaziali della NASA K2 e TESS, un gruppo di ricercatori è riuscito a studiare una supergigante blu, scoprendo che la sua superficie è increspata da onde che hanno origine dal profondo interno, coerentemente con quanto previsto da modelli stellari. Secondo quanto riportato nell’articolo pubblicato su “Nature Astronomy”, lo studio di queste onde apre prospettive di ricerca simili a quelle della sismologia sul nostro pianeta, con risultati che sono probabilmente inarrivabili per altri metodi astrofisici.
“In tutto l’universo, le stelle hanno forme, dimensioni e colori diversi: alcune sono come il nostro Sole e vivono tranquillamente per miliardi di anni”, ha commentato uno degli autori, Tamara Rogers, dell’Università di Newcastle, nel Regno Unito. “Ma le stelle massicce vivono vite significativamente più brevi e più attive prima di esplodere in quella che viene chiamata una supernova ed espellere il loro materiale nello spazio”.
Rogers e colleghi studiano da cinque anni le supergiganti blu con simulazioni al computer, che hanno previsto due tipi di onde sulla loro superficie: onde di gravità, come quelle del mare, e onde sismiche. E i dati sperimentali hanno confermato queste previsioni.
“Da queste onde possiamo iniziare a capire come la stella si muove e ruota, nonché
la fisica e la chimica di quello che sta avvenendo nel profondo interno, compreso il nucleo stellare”, ha aggiunto Rogers.
Gli astronomi hanno iniziato a sondare l’interno delle stelle in tempi relativamente recenti, anche grazie ai telescopi spaziali. Nel caso di Rogers e colleghi è stato cruciale l’apporto scientifico del Transiting Exoplanet Survey Satellite (TESS), missione della NASA dedicata alla caccia di pianeti extrasolari, e di K2, la “seconda vita” del telescopio Kepler, anch’esso dedicato ai pianeti extrasolari, ideata dai ricercatori della NASA quando i sistemi che avrebbero dovuto tenere il telescopio orientato verso i pianeti da studiare sono andati in avaria nel 2012.
“Prima dei telescopi spaziali Kepler/K2 e TESS della NASA, conoscevamo poche supergiganti blu che variano in luminosità a causa delle onde”, ha aggiunto Dominic Bowman, coautore dello studio, della Katholieke Universiteit di Lovanio, in Belgio. “Ma se si osserva la luminosità di una singola stella abbastanza a lungo con un rivelatore molto sensibile, è possibile mappare come cambia nel tempo: la variabilità di queste stelle è stata sempre lì, dovevamo solo essere pazienti e aspettare che i telescopi spaziali la cogliessero”.
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