La nascita della vita sulla Terra: un mistero da decifrare
L’RNA è stato il primo mattone della vita, oggi molti scienziati condividono questa ipotesi, tuttavia nessuno sa spiegare il “dopo”, ossia come il mondo dell’RNA sia diventato il mondo di oggi. Ecco la sintesi dell’affascinante e complesso lavoro discusso al meeting The Origins Of Life.
Un drammatico scontro tra la Terra e un asteroide può aver dato il via alla vita. C’è uno scenario che suggerisce che circa 4,47 miliardi di anni fa – solo 60 milioni di anni dopo la formazione della Terra, e 30-40 milioni di anni dopo la formazione della Luna da un precedente scontro planetario – un altro oggetto di dimensioni lunari impattò con la Terra ed esplose in una nuvola di ferro fuso e altri detriti.
La grandinata di materiale metallico che ne derivò probabilmente durò decenni, se non secoli, e questo causava la disgregazione della molecola di acqua in ossigeno e idrogeno molecolari. L’ossigeno libero si legava al ferro, creando enormi depositi color ruggine di ossido di ferro sulla superficie del nostro pianeta. L’idrogeno, invece, andò a formare una densa atmosfera che si dissipò molto lentamente nello Spazio, nell’arco di 200 milioni di anni.
Ne seguì un progressivo, lento raffreddamento della Terra, ed è in questo intervallo di tempo che semplici molecole organiche cominciarono a formarsi sotto la coltre di idrogeno. Quelle molecole, secondo alcuni scienziati, si unirono a formare l’RNA, l’acido ribonucleico, elemento molecolare che molti considerano protagonista dell’alba della vita.
Vecchie questioni non risolte. Questo era lo scenario in discussione al meeting The Origins Of Life (14-17 ottobre 2018), un “dibattito aperto alla ricerca di nuove risposte a vecchie questioni” (recita il sottotitolo dell’incontro), dove geologi, scienziati planetari, chimici e biologi hanno messo sul tavolo le più recenti idee sulla nascita della vita sulla Terra. «Di quel presunto cataclisma non rimane alcuna roccia o altra prova diretta: si è ipotizzato semplicemente perché risolverebbe uno stuolo di misteri sulla nascita della vita», afferma Steven Benner, tra i fondatori della Foundation For Applied Molecular Evolution, l’Ente che ha organizzato il meeting.
Il bisogno di confrontarsi su nuove ipotesi nasce però dal fatto che questo intrigante scenario, capace di rispondere a “uno stuolo di misteri”, lascia aperte altrettante questioni. Tra queste ultime, una riguarda la strada chimica che ha infine dato origine all’RNA, e un’altra, determinate, riguarda i meccanismi che hanno coinvolto quell’RNA fino a farlo combinare con proteine e grassi e formare le prime cellule.
Il mondo dell’RNA. La vita così come la conosciamo è probabilmente emersa da un “mondo RNA”, e su questo molti studiosi sono ormai concordi. Nelle cellule, il DNA, l’RNA e le proteine svolgono ruoli vitali: il DNA immagazzina informazioni ereditabili; l’RNA le traghetta all’interno delle cellule; le proteine fungono da lavoratrici chimiche. La produzione di ciascuna di queste biomolecole richiede le altre due. Tuttavia, l’idea che tutte e tre le molecole complesse apparvero simultaneamente non sembra plausibile. Dagli anni ’60 una scuola di pensiero mai finora messa in discussione vuole che l’RNA sia sorto prima degli altri due elementi (DNA e proteine), e questo perché l’RNA può essere sia un codice genetico, sia un catalizzatore per le reazioni chimiche.
Negli ultimi anni i chimici si sono avvicinati molto a reazioni che potrebbero aver prodotto gli elementi costitutivi essenziali per l’RNA. Nel 2011, ad esempio, Benner e suoi colleghi hanno dimostrato come i minerali contenenti boro possono avere aiutato sostanze chimiche come la formaldeide e la glicolaldeide (lo “zucchero” più elementare: vedi anche Fosforo e ossigeno tra stelle in formazione), probabilmente presenti sulla Terra primordiale, a produrre ribosio (D-ribosio e deossiribosio, due monosaccaridi che possono concorrere alla formazione di acidi nucleici), componente essenziale dell’RNA, che è per l’appunto acido ribonucleico. Al convegno dello scorso ottobre alcuni ricercatori hanno mostrato come il ribosio possa aver reagito con altri composti per dare origine a singole parti di RNA.
Le voci contrarie. Sulla traccia dell’autorevole lavoro di Robert Shapiro, un biochimico della New York University (deceduto nel 2011), molti scienziati ribattono che quando i ricercatori producono un componente chimico pre-RNA, lo fanno in condizioni controllate, aggiungendo i reagenti purificati nella giusta sequenza – e che è tutt’altro che scontato che ciò possa essere accaduto, in quel modo e in quell’ordine, nel caos della Terra primordiale. In uno dei suoi ultimi interventi su Scientific American, Shapiro scriveva che «l’analogia è quella di un giocatore di golf, che avendo giocato una pallina su 18 buche ipotizza che la palla possa giocare allo stesso modo anche in sua assenza».
Altri ricercatori sostengono che è più probabile che furono le proteine semplici ad essere “i fondamentali della vita”, perché i loro blocchi di amminoacidi sono più semplici dei nucleotidi nell’RNA, e altri ancora che affermano che gli elementi base che avrebbero portato alla formazione del ribosio (formaldeide, glicolaldeide, gliceraldeide) non potevano sopravvivere, perché sono fortemente reattive.
Una risposta. A queste obiezioni Steven Benner oppone una risposta articolata su di un lavoro del 2017 ad opera di un team di ricercatori del Max Planck Institute (Germania) e della McMaster University (Canada), che suggerisce (sulla base di prove ottenute da minuscoli cristalli di minerali quasi indistruttibili chiamati zirconi) che la Terra primordiale abbia attraversato ripetuti cicli di grandi piogge e grandi siccità.
Con uno studio presentato al meeting, ma non ancora pubblicato, Benner e altri ricercatori di Stati Uniti e Giappone, mostrano come il biossido di zolfo prodottto in quantità dai vulcani della Terra primordiale reagisca con la formaldeide per produrre l’idrossimetansolfinato (un composto oggi di interesse industriale). Durante i periodi di siccità il composto si sarebbe accumulato sulla terraferma, quindi, attraverso reazioni inverse avvenute più lentamente, si sarebbe rigenerata la formaldeide.
Nei periodi piovosi il tutto sarebbe finito amalgamato in grandi pozzanghere e laghi, dove avrebbe potuto reagire per formare altre piccole molecole organiche essenziali per la costruzione di RNA.
«Processi simili», afferma Steven Benner, «avrebbero potuto provvedere alla “fornitura costante” di glicolaldeide e gliceraldeide.» Il ribosio è però solo una parte di RNA, molecola a filamento singolo (il DNA è a doppio filamento) messaggera di informazioni genetiche grazie a quattro basi identificate dalle lettere del codice genetico: citosina (C), uracile (U), adenina (A) e guanina (G).
I processi di formazione di queste basi sono uno dei semi della discordia, tra i ricercatori, ma recenti progressi nella chimica prebiotica sembrano avere identificato percorsi che avrebbero potuto originare anche tali elementi – illustrati, nel corso del meeting di ottobre, da Thomas Carell (Ludwig Maximilian University, Germania). Il gruppo di Carell ha scoperto che composti semplici, probabilmente presenti sulla Terra primordiale, avrebbero potuto reagire in diversi passaggi per produrre pirimidine, da cui hanno origine molecole di RNA.
Sulla chimica prebiotica vedi Simulazione numerica e chimica prebiotica (da Analisi & Calcolo)
Critiche (e soluzioni possibili). Per dovere di cronaca va detto che tutte le ipotesi proposte sono state oggetto di critiche – ma ciò non significa che la comunità scientifica le consideri infondate: il problema di fondo è quello delle possibili fonti all’origine delle molecole azotate necessarie a creare le basi dell’RNA.
Le idee abbondano: «L’intensa attività elettrica – i lampi – e la luce ultravioletta che agivano sui composti dell’atmosfera potrebbero averne creati in abbondanza», afferma Jack Szostak (Università di Harvard), mentre Stephen Mojzsis (Università del Colorado) ritiene più probabile che sia stato l’impatto che ha originato la Luna a fare da miccia. Mojzsis lavora da tempo a un enigma geologico vecchio di decenni: la sorprendente abbondanza di platino e metalli correlati nella crosta terrestre che, per le attuali teorie sulla formazione della Terra, semplicemente non dovrebbero esserci.
Le più antiche tracce fossili di vita “mobile” sulla Terra
La lunga serie di violenti impatti di asteroidi col nostro pianeta, attorno a 4,53 miliardi di anni fa, avrebbe trasformato la Terra in un mare bollente di magma per milioni di anni. Elementi densi, come ferro, oro, platino e palladio, dovrebbero essere affondati nel centro del pianeta, mentre il silicio e altri elementi leggeri avrebbero galleggiato vicino alla superficie. Eppure quei metalli sono rimasti, e in abbondanza, vicino alla superficie del pianeta – come del resto si può facilmente dedurre guardando la vetrina di qualunque gioielleria. Insomma, «i metalli preziosi nella crosta sono migliaia di volte più abbondanti di quanto dovrebbero essere», afferma Mojzsis.
La spiegazione che è sempre stata data è che, dopo che la Terra si è raffreddata abbastanza da formare una crosta solida, altri metalli sono arrivati in una pioggia di meteore. Sulla base dell’età delle rocce lunari riportate dagli astronauti delle missioni Apollo, i geologi hanno proposto l’idea che la pioggia di meteore fu particolarmente intensa tra 3,8 e 4,1 miliardi di anni fa, chiamando bombardamento tardivo il fenomeno in quell’intervallo di tempo – considerato ostile alla vita. «Questo scenario presenta però delle criticità» afferma Steven Benner: «l’evidenza fossile di “complessi tappetini microbici” chiamati stromatoliti si manifesta in rocce che sono di poche centinaia di milioni di anni più giovani rispetto al periodo del bombardamento tardivo. È una finestra temporale troppo stretta per passare da zero molecole organiche a vita cellulare in piena regola.»
L’impatto indispensabile. Per Stephen Mojzsis il cataclisma lunare di 4,47 miliardi di anni fa potrebbe spiegare sia l’abbondanza di metalli preziosi, sia l’inizio precoce della vita. Diversi anni fa, nel 2012, un team di ricercatori (tra i quali Mojzsis) di diverse università di Usa, Canada e Francia, coordinati da Aleksandra Mloszewska (dip. di Scienze della Terra dell’Università di Alberta, Canada), ha pubblicato su Earth and Planetary Science Letters i risultati di una serie di estese simulazioni al computer che, sulla base degli scenari geologici noti della regione del Nuvvuagittuq (Québec, Canada), confermavano come l’attuale distribuzione di metalli sulla Terra può avere avuto origine nella pioggia di detriti da un tale impatto.
Risultati in parte condivisi dal team di Simone Marchi (Southwest Research Institute di Boulder, Colorado), con la differenza che non si tratterebbe di un impatto di dimensioni lunari, per intenderci, ma di diversi corpi “più piccoli”, ciascuno di circa un migliaio di chilometri di diametro. In ogni caso, che si sia trattato di un singolo colossale impatto o di più collisioni, l’evento nel suo complesso avrebbe fuso la crosta terrestre di silicati – restando registrato nella storia geologica del pianeta negli isotopi di uranio e piombo – e influito profondamente sulla precoce atmosfera della Terra.
Prima di questi eventi il magma e lo strato superficiale in raffreddamento avrebbero gorgogliato gas per milioni di anni – anidride carbonica, azoto e anidride solforosa – e nessuno di questi gas è abbastanza reattivo da fare da innesco ai composti organici necessari per arrivare all’RNA.
Come cercare la vita su mondi lontani
Al contrario, la coltre di idrogeno generata dalla grandine metallica del grande impatto (o della serie di impatti minori) avrebbe formato esattamente il tipo di atmosfera “chimicamente riducente” necessaria a dare il via alle prime molecole organiche, è la convinzione di Steven Benner – condivisa da Robert Hazen (del Geophysical Laboratory della Carnegie Institution for Science, Washington): «In quel particolare ambiente atmosferico, l’ampia gamma di minerali sulla superficie del pianeta avrebbe potuto agire da catalizzatore per spingere le reazioni chimiche necessarie a produrre sostanze organiche semplici».
Il mistero si infittisce… In conclusione, diciamo che la discussione che ha monopolizzato l’ultima edizione del meeting della Foundation For Applied Molecular Evolution abbia messo d’accordo (quasi) tutti sull’ipotesi della priorità dell’RNA, ossia sul fatto che tra proteine, DNA e RNA sia stato quest’ultimo a formarsi per primo. Un fatto dato adesso per certo, che crea però un problema grande quanto la vita stessa.
Il principale problema del mondo dell’RNA è che dovrebbe essere stato in grado di copiare fedelmente altri RNA: al momento, la biologia moderna non ha prove che una cosa del genere sia possibile. Del resto, i sostenitori del mondo dell’RNA sono i primi ad ammettere di non essere in grado di spiegare come l’RNA possa essersi copiato da solo, evolvendosi fino alla vita che conosciamo. Nei laboratori di tutto il mondo sono in corso esperimenti per esplorare ogni possibile combinazione capace di traghettare la vita dal mondo dell’RNA al mondo di oggi, ma la verità è che, se anche siamo sulla strada giusta, probabilmente ancora manca qualche tassello alla nostra Teoria della Vita.
Di: Luigi Bignami
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